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Editoriale 25/2025
Cose che non ci sarebbero se non ci fosse stato Lynch
Come per il numero su Godard (38/2022), ho chiesto ai collaboratori di Film Tv un editoriale per ricordare, tutti insieme, una piccola parte del suo lascito, dei suoi influssi. Le prime cose che ci vengono in mente. Eccolo: sentito, incompleto [...] L’arte contemporanea, come la conosciamo. Quentin Tarantino, come dice David Foster Wallace. David Foster Wallace. Satoshi Kon. La possibilità di spiegare Buñuel e Maya Deren agli odierni studenti di cinema, ma anche Alain Resnais. Tutta la serialità televisiva prestige degli ultimi 35 anni. Nicolas Winding Refn. Ari Aster e Robert Eggers. Il dream pop. True Detective. La musica industrial. Il gusto trash, privo di vergogna e con ambizioni. Il ridicolo sublime di Slavoj Žižek. Ma anche Bobby Peru come schermo fantasmatico del sesso. La meditazione trascendentale sul Tg2. La curiosità per il clima di Los Angeles. Il sound design come lo concepiamo oggi. Apri gli occhi e Vanilla Sky. I Coen, anche se lo han anticipato. Il miglior jumpscare di sempre. Un medico tra gli orsi. Philippe Grandrieux. David Robert Mitchell. Bertrand Bonello, anche quando non sembra. Casa di foglie di Mark Z. Danielewski. Lost. Il videoclip (a cominciare da quelli di Jonathan Glazer). Riverdale. Richard Kelly. Gregory Crewdson. Le scene oniriche di I Soprano e Mad Men. 1.Outside di David Bowie. Jack Nance. Il demenziale come lo conosciamo. L’immaginario di Floria Sigismondi. Darren Aronofsky. Il cinema che non si deve spiegare. Gli spettacoli di danza di Peeping Tom, ma non solo i loro. I Nine Inch Nails. Atlanta. Jordan Peele, soprattutto Noi. Le carriere di Grace Zabriskie, Sheryl Lee, Sherilyn Fenn, ma soprattutto Kyle MacLachlan. Il 50% del cinema postmoderno. Ma pure, rarità, il postmoderno privo di cinismo. Il veto a Velluto blu di Gian Luigi Rondi. M. Night Shyamalan fuori registro. Il teatro di Menoventi. I primi deepfake, anche se non lo erano. Le serie con cittadine con abitanti bislacchi (da Les revenants a Wayward Pines). La garmonbozia. X-Files. Le carriere di Laura Dern e Naomi Watts. Italia de profundis di Giuseppe Genna e Un amore dell’altro mondo di Tommaso Pincio. Lars von Trier, non solo The Kingdom. Dark. Videogame come Deadly Premonition e Alan Wake. The OA. Swimming Pool di Ozon e Due volte lei di Dominik Moll. I sabba spettrali ma non del tutto di Romeo Castellucci. I Tg che chiamano «Twin Peaks italiana» le cittadine di provincia teatro di delitti. Il côté surrealista di Denis Villeneuve. Gli esseri umani angosciati dal nulla: Kierkegaard nel cinema contemporaneo. Tony Oursler. La cherry pie. Lana Del Rey (e no, non solo i suoi videoclip). L’inferno come eterna sala d’attesa. Il rosso come lo conosciamo. E il blu. Scissione. Il fatto che ci si ricordi di Roy Orbison. Billy Ray Cyrus, e quindi Miley Cyrus, e quindi Hannah Montana. Quentin Dupieux. Il camp come è diventato. Matthew Barney da Cremaster in poi. American Gothic. Bret Easton Ellis, anche quando è venuto prima. Bruno Dumont, e non solo P’tit Quinquin. L’imperscrutabilità come oggetto pop (cioè, la possibilità di far capire anche ai gonzi quanto di psicoanalitico ci sia nel cinema) [...]