L'immagine della settimana
Editoriale 36/2025
Re Giorgio
Re Giorgio se n’è andato lo scorso 4 settembre, a 91 anni, e il mondo del cinema si inchina davanti a una delle figure più influenti nella costruzione dell’immaginario visivo degli ultimi cinquant’anni, che lo hanno visto coinvolto in oltre 200 film. Stilista, innovatore e interprete dell’eleganza come linguaggio universale, Armani ha lasciato un’impronta indelebile non solo nella moda ma anche nel racconto cinematografico, collaborando con registi, attori e costumisti per dare forma a personaggi indimenticabili. È il 1975 quando il couturier lancia il suo marchio. Il suo è un talento già evidente nel lavoro sartoriale, che trova nel cinema un alleato decisivo per farsi conoscere nel mondo. La prima a notarlo è Diane Keaton, che in Io e Annie (1977) sceglie autonomamente una camicia e un pantalone dello stilista, allora ancora quasi sconosciuto, per dar forma a un personaggio destinato a influenzare generazioni successive. La consacrazione arriva poi nel 1980, con Richard Gere nei panni di Julian Kay in American Gigolo di Paul Schrader. Nasce così l’“uomo Armani”, elegante e sofisticato, ambiguo e seducente. I completi destrutturati, le camicie sbottonate, i cappotti di cashmere delineano un’immagine di virilità raffinata che rivoluziona l’abbigliamento maschile tout court, tanto che quel look prenderà il nome di “American Gigolo’s suit ”, segnando l’ingresso trionfale del marchio nella cultura popolare globale. Ma Armani non si limita al glamour: veste Gli Intoccabili di Brian De Palma (1987) con abiti che tracciano netti confini tra giustizia e criminalità; firma i completi per Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese (1990), conferendo forma e decadenza alla mafia americana, e nello stesso anno Scorsese gli dedica il documentario Made in Milan. Negli anni Duemila conti nua a essere scelto dai costumisti hollywoodiani più affermati. Lindy Hemming gli affida i completi di Christian Bale in Il cavaliere oscuro (2008) e Il cavaliere oscuro: Il ritorno (2012), mentre Sandy Powell si rivolge a lui per i “power suit” anni 90 indossati da Leonardo DiCaprio in The Wolf of Wall Street (2013). Armani risponde con una precisione stilistica capace di scolpire i personaggi sul corpo degli attori. Anche il piccolo schermo trova in lui un prezioso alleato visivo. Milena Canonero contribuisce a costruire il mito estetico di Miami Vice negli anni 80 facendo indossare a Don Johnson e Philip Michael Thomas gli iconici completi destrutturati dai toni pastello firmati dal couturier. E sempre la pluripremiata costumista italiana si rivolge a lui per vestire i protagonisti di uno dei film più belli di Wes Anderson, Il treno per il Darjeeling. Il rapporto dello stilista con il mondo del cinema, però, non si esaurisce nei soli costumi di scena. Armani sostiene anche progetti più sperimentali, come il fashion film One Plus One firmato da Luca Guadagnino, e collabora pure, in modo più silenzioso, a produzioni complesse di autori come Bertolucci (per Il tè nel deserto) e Sorrentino (per La grande bellezza). La sua maison è stata poi Official Beauty Sponsor della Mostra del cinema di Venezia per otto edizioni consecutive, e ha collaborato al progetto Venezia Spotlight, volto a valorizzare nuovi talenti. In occasione della Biennale 2025 viene infine lanciata Armani/Archivio, una piattaforma digitale che raccoglie mezzo secolo di visioni estetiche e contributi alla cultura visiva. Non è stato solo stilista, Giorgio Armani. È stato un autore delle immagini, un visionario capace di trasformare la materia della stoffa in un racconto senza tempo.